IL NOSTRO MEZZALAMA: sugli sci a 4.000 metri per un’esperienza irripetibile
Il Mezzalama visto dagli occhi di Luciano Peyron, Sales Account laureato in chimica classe 1971. Grande appassionato della montagna e dello sci alpinismo, Luciano è alla sua quinta partecipazione al trofeo Mezzalama sul Monte Rosa.
Il trofeo Mezzalama è una competizione internazionale di sci alpinismo che si svolge ogni due anni sul Monte Rosa. E’ nato negli anni 30 del secolo scorso, a memoria di Ottorino Mezzalama, uno dei pionieri dello sci alpinismo in Italia, nonché socio dello storico Ski Club Torino, il primo Ski Club d’Italia.
Dopo una serie di interruzioni pluridecennali, nel 1997 la competizione è ritornata con continuità e con frequenza biennale, sfruttando il sempre crescente sviluppo degli sport di fatica in ambiente montano, e forse contribuendo anche ad alimentare questa nuova tendenza.
Le peculiarità che rendono unico il Trofeo Mezzalama sono il fatto che si svolge in ambiente di alta montagna, per buona parte intorno ai 4000 metri di altezza, ed in squadre di tre componenti per ragioni di sicurezza.
Viene denominata la maratona bianca, e come le maratone delle grandi città vede sulla linea di partenza i migliori professionisti insieme con gli sportivi della domenica, seppur ben preparati.
Siamo partiti da Cervinia alle 5,30 di mattina del 22 Aprile e siamo arrivati a Gressoney dopo un percorso di 45 km e circa 2800 metri di dislivello in salita e 3000 in discesa; passando dal colle del Breithorn, poi dalla punta del Castore, attraversando una bellissima cresta aerea, e siamo giunti a Gressoney dopo avere scavalcato l’asperità finale del Naso del Lyskamm.
Un percorso mozzafiato e “spaccafiato”, che per essere affrontato richiede preparazione ed esperienza in montagna. Tutto il tratto in quota viene affrontato dai componenti di squadra legati in cordata, in condizioni che richiedono affiatamento e forte spirito di collaborazione.
Veniamo ora alla mia esperienza.
Per me il Mezzalama 2017, pur essendo il quinto, è stato unico ed irripetibile. Nel 2007, in occasione della mia quarta partecipazione, avevo pensato che sarebbe stata l’ultima. L’età che avanza, la famiglia che cresce e gli impegni di lavoro. Queste situazioni cambiano notevolmente gli scenari, rendendo più difficile preparare questo tipo di competizione.
Poi è successo l’imprevedibile: mio cognato Andrea ha sparigliato le carte invitandomi a farlo insieme a lui ed a suo papà Livio, nonché mio suocero.
Fin da subito ho avuto il supporto di mia moglie Mara, che ha mostrato grande entusiasmo nell’appoggiare questa iniziativa che impatta sull’organizzazione famigliare in quanto comporta impegno ed allenamento nei mesi precedenti. E’ stata questa la vera fatica, più che quella del giorno della gara. Considerato il lavoro ed i figli ancora piccoli, solo una grande motivazione ed un profondo volersi bene ha potuto sostenere questa decisione. Non è stato il mio Mezzalama ma il nostro Mezzalama.
Ho avuto un pretesto unico per vivere ciò che mi piace tantissimo: la montagna nella sua dimensione dell’attività fisica e della condivisione di momenti speciali con le persone a cui vuoi bene. Sono stati mesi vissuti con impegno e spensieratezza, scorrazzando per le montagne con un chiodo fisso in mente: partecipare con successo al Trofeo Mezzalama. Ed in questa competizione, per uno sci-alpinista della domenica, il successo coincide con il concludere la gara, senza particolari velleità di classifica.
Il 22 Aprile, giorno della gara, è stato unico. Nella prima parte, che si è svolta in parte al buio, l’unica preoccupazione era di arrivare al colle del Breithorn entro il cancello orario di tre ore, pena l’esclusione dalla gara. Lavorando di squadra e sostenendoci a vicenda abbiamo centrato l’obiettivo cronometrico per nulla scontato. Poi siamo ascesi fino al Castore, calzando i ramponi e legati in cordata. Nello spettacolare tratto in quota le emozioni hanno preso il sopravvento: insieme ai miei compagni abbiamo dedicato un pensiero ad Ugo, un caro amico con cui ho avuto l’onore di fare la stessa gara nel 2003, che ora non è più con noi. Ho poi pensato a tante persone a cui ho voluto bene e con cui ho passato tanti bei momenti in montagna, che ora non ci sono più. Pensieri accompagnati da lacrime di commozione. Emozioni positive; come se questa perfezione di ambiente circostante, di fatica, di comunione con i compagni, fosse una condizione di maggior vicinanza a chi non c’è più e mi manca ancora tanto.
Seppur nei dubbi della fede che accompagnano tutti, difficile pensare che ciò di bello che ho vissuto sia solo frutto del caso e non ci sia il disegno di un Dio che veglia su di noi e ci rende liberi di vivere la vita con pienezza.
Poi la lunga discesa, prima legati e poi sciolti dal vincolo della cordata nella parte finale. Quale emozione l’arrivo, dove alcuni parenti e molti amici del CAI Uget e dello Ski Club Torino, per cui abbiamo gareggiato, ci aspettavano. Quale regalo vedere mio figlio Giacomo che anche dieci anni fa mi aveva aspettato a questo traguardo, e che ora è motivato ancora di più ad andare in montagna con me. Unica anche la gioia di Mara che ha visto passare insieme la linea del traguardo fratello, padre e marito.
Torino, 1 Maggio 2017
Luciano Peyron