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TUTTE LE EMOZIONI DELLA LAVAREDO ULTRA TRAIL

28/06/2018

di Massimiliano Bertini

 

Sono partito con l’idea che fosse una entry level, una di quelle gare che fanno curriculum. La Lavaredo Ultra Trail è una gara molto impegnativa, una gara così intensa da scatenare una fatica affabulante, un fascino crescente km per km.

Partenza dal centro di Cortina con tifo da stadio e bagno di folla, non mi era mai successo, nè in Italia nè altrove.

Inziamo. Ci troviamo ad inseguire da subito: siamo arrivati allo start con 45 minuti d’anticipo ma è già pieno di gente e noi siamo oltre le transenne.

La notte è passata nei boschi cercando un po’ di avanzare e un po’ eseguire gli ordini della Fra [Francesca Canepa] che mi ha detto andare moderato per 70km e aprire dopo. I ricordi sono ancora confusi ma è stata una notte indimenticabile, dinamica, molto fredda, fatta di salite ventose e boschi in discesa. Le prime luci dell’alba e la termica mi hanno colto mentre salivo verso il lago di Misurina, guardando curioso chi avevo intorno. Esco dal bosco con le montagne incendiate dal sole, sto bene, l’aria è fresca. La combo intimo e maglia Dryarn è perfetta. Spalanco gli occhi verso il lago di Misurina, bellissimo, da percorrere lungo un lato per proseguire in su verso il rif Auronzo.

Salita interessante lunga di continuità, la voglia di andare è tanta ma aspetto, com’erano gli ordini. Al rifugio trovo Renato [Jorioz] che mi porta al caldo e mi fa fare colazione con patate e tonno. Viste dal vivo le tre cime sono impressionanti. Davvero imponenti. Fa freddo e il viso ne patisce. La discesa tecnica verso valle (circa 1000d) è sofferta ma non ci penso: sono in paradiso e mi sento grato e fortunato di esser lì in quel momento: ci sono le mucche, i fiori e le cascate… non posso davvero chiedere di più!

Appena arrivo in piano accelero ma mi avvito su me stesso e cado al suolo sulla parte sinistra del corpo. In qualche modo riesco ad arrivare a Cimabanche ma sono solo a metà strada… non importa! Vado direttamente nel rifugio dove mi aspetta Renato con amatriciana e birra che divoro mentre mi aiuta a rifarmi lo zaino. Riparto indossando la felpa (non riesco a toglierla tanto fa freddo). I prossimi 25 km saranno i peggiori ma ancora non lo so. Inizia la salita verso Malga Ra Stua, lì Fabrizio mi abbandona, mi guarda con la faccia di Gandalf prima di precipitare negli abissi di Moria… povero, mi dispiace per lui. Succede di essere sopraffatti da se stessi, gli ultratrail sono molto impegnativi anche a livello mentale.

È momento della discesa che detesto con tutte le mie forze. Ogni passo che faccio mi fa male tutto e odio il mondo. Inizia il salitone della val Travenanzes, pura psichedelia con un paesaggio a metà tra la luna e il Gran Canyon, che si conclude con una forcella tecnica. Dopo una discesa orribile arrivo al rifugio Gallina, mi cambio e mi copro di più. Mancano 25 km ormai è fatta, sono ottimista! Si sale ed inizia un su e giù di selle e forcelle. Nel frattempo mi è venuto il reflusso, mi sento bruciare dietro lo sterno. Stringo i denti, mi metto nella scia degli altri e lascio che la gravità mi porti giù. Sono in ritardo sul previsto ma questa nausea non mi permette di andare oltre.

Dopo un momento di difficoltà per fortuna raggiungo un checkpoint che ha birra e coca cola. Me ne bevo mezzo litro. Pian piano ricomincio a corricchiare, sull’asfalto corro fino al traguardo cercando di non farmi prendere da due francesi antipatici che volevano passare avanti.

Via centrale a 4’15”, tifo stupendo, sorrido, rifiato… e passo il traguardo.

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